《威尔第的歌剧与莎士比亚的戏剧》3
《威尔第的歌剧与莎士比亚的戏剧》3
Alla fine del 1705 il librettista Apostolo Zeno da alle stampe un dramma che ha per titolo il nome del personaggio protagonista: Ambleto. Il testo è stato scritto in collaborazione con Pietro Pariati. Il compositore, al quale viene commissionata la veste musicale dell’opera, è Francesco Gasparini. La prima ha luogo nel gennaio del 1706 presso il teatro San Cassiano a Venezia. Da qui nascerà una collaborazione tra Zeno e Gasparini che durerà a lungo.
L’Ambleto si rifà a fonti che hanno ispirato anche Shakespeare: “Gesta Danorum” di Sassone Grammatico (Saxo Gramaticus) del 1200, che a sua volta ha ispirato uno scritto di Francois Belleforest “Histoires tragiques” nel 1576; “Historia Danica” di Giovanni Meursio nel 1630 e infine “Rerum Danicarum” di Giovanni Isacco Pontano del 1631. A differenza di Zeno e Shakespeare, questi autori hanno lasciato i personaggi minori senza un nome. I personaggi dell’Ambleto di Zeno sono:
Ambleto, erede legittimo del regno, amante di Veremonda (Nicolini-contralto castrato).
Veremonda, principessa di Allanda, amante di Ambleto (soprano).
Fengone, tiranno di Danimarca (basso).
Gerilda, moglie di Fengone e madre di Ambleto (soprano).
Ildegarde, principessa danese (contralto).
Valdemaro, generale del regno (soprano castrato).
Siffrido, confidente di Fengone e capitano delle guardi reali (basso).
Zeno premette al libretto un Argomento, nel quale presenta le forze che interagiscono nel dramma, riassumendo lo svolgimento dell’azione e dandogli un senso attraverso il resoconto dettagliato degli antefatti: Fengone uccide Orvendillo, Re di Danimarca, e sposa la sua vedova Gerilda; Ambleto si finge pazzo poiché teme della sua vita e Fengone escogita tre prove per verificare la veridicità di questa pazzia. La prima prova consiste nell’attirare Ambleto nel bosco per mezzo della sua amante Veremonda, nella speranza che si tradisca, cosa che non accade poiché Ambleto è avvertito di essere spiato. Il secondo tentativo è fatto attraverso la regina Gerilda, sua madre. Fengone finge di partire lasciando la reggenza dello Stato a Gerilda e ordinando a un suo servo di nascondersi nella stanza della regina per spiare il comportamento di Ambleto. Gerilda manda a chiamare il figlio, per vederlo approfittando dell’assenza del marito che le vietava di vederlo, ma Ambleto avvisato da Siffrido, finge di non riconoscere la madre e, aggirandosi nella stanza, scopre il servo nascosto e lo uccide. L’ultima prova si svolge durante un pranzo, Fengone cerca di ubriacare Ambleto ma in realtà rimane egli stesso ubriaco e Ambleto lo fa uccidere.
In questo dramma si muovono sette attori in contemporanea nella maniera più varia possibile, nell’arco di una giornata, all’interno della Reggia. Pertanto vi è una grande complicazione di intreccio, un affastellarsi di situazioni, in vista di un finale che deve essere raggiunto ad ogni costo. Le situazioni principali su cui Zeno fa reggere tutto il dramma sono il desiderio e l’apparenza. Il dramma nasce da un antefatto in cui vi sono delle coppie ordinate: Orvendillo-Gerilda, Ambleto-Veremonda, Fengone-Ildegarde, ma l’assassinio di Orvendillo frantuma questo equilibrio e compone delle nuove coppie (Fengone-Gerilda e Valdemaro-Veremonda) la cui stabilità è precaria, poiché Fengone desidera Veremonda, Veremonda ed Ildegarde desiderano Ambleto e Gerilda tenta di salvare il suo titolo di regina. All’interno di tutto ciò, Ambleto deve cercare di ripristinare l’ordine delle cose secondo natura e giustizia. Con l’uccisione di Fengone ristabilisce l’equilibrio dell’antefatto ma con un’altra disposizione di coppie: Ambleto-Veremonda, Valdemaro-Ildegarde, mentre Gerilda riacquista la dignità di vedova.
La struttura del libretto è quella tradizionale: tre atti, il primo composto di 19 scene, il secondo e il terzo di 18. Ogni scena comprende una sezione dinamica che fa avanzare l’azione, il Recitativo, e una sezione statica in cui trovano espressione gli affetti, l’aria. Ci sono 47 arie brevi distribuite su 55 scene, quasi sempre collocate in posizione terminale per non interferire con la continuità della trama. Le arie sono per lo più in due strofe, la prima col da capo, per consentire le variazioni estemporanee; in esse sono impiegati i più svariati metri.
L’Ambleto di Gasparini, è il capostipite di una folta genealogia di drammi per musica modellati sul testo di Zeno e Pariati. Quest’opera subirà modifiche drammatiche sostanziali nelle varie messe in scena: a Firenze ed a Verona il personaggio di Ildegarde viene eliminato e vengono aggiunti i comprimari buffi Tisbe e Gilbo; a Napoli, con la musica di Vignola, subisce alcune modifiche nella trama, come l’aggiunta delle scene buffe di Trinco e Grilletta; a Londra, nel 1712, il protagonista fu il castrato Nicolini responsabile dell’inserimento di Arie estratte da altre opere veneziane.
Il libretto di Zeno e Pariati, con variazioni funzionali al rinnovamento, venne musicato anche da Domenico Scarlatti (Roma, Carnevale 1715), da Vignati-Bagliani-Cozzi (Milano, Ducale 24 agosto 1719) e da Giuseppe Carcani (Venezia, teatro Sant’Angelo, Carnevale 1742). Quest’ultima versione venne rappresentata anche a Vienna; a Venezia, nel teatro San Cassiano; a Gorizia nel febbraio del 1745 e nel 1750 nel Teatro Argentina di Roma.
Il 30 settembre 1769 andò in scena una pièce di Jean François Ducis, Hamlet, rifacimento della omonima tragedia di Shakespeare. Il grande successo ottenuto originò una tempestiva pubblicazione del testo e la sicurezza, da parte dell’autore, di poter assecondare la sua passione per il teatro shakespeariano. L’entusiasmo per questa tragedia varcò i confini del regno francese, come si può dedurre dalle numerose edizioni straniere tradotte che ne seguirono. L’Amleto di Shakespeare, del resto, è per l’Inghilterra ciò che il Convitato di Pietra è per l’Italia: questo paragone, fatto da un anonimo traduttore di Ducis, è giustificato dal fatto che le due opere sono accomunate dalla stessa mescolanza, seppure in proporzioni opposte, del sublime col volgare, dello spaventoso col comico, del terribile col buffo.
La prima edizione italiana, pur senza la citazione del traduttore e dell’editor, fu pubblicata a Venezia nello stesso anno in cui il teatro San Giovanni Grisostomo mise in cartellone la prima rappresentazione assoluta della pièce di Ducis. Questa è la prima volta che gli italiani si trovano di fronte ad un’opera di Shakespeare, seppure nella traduzione di un rifacimento a sua volta ricavato da una traduzione. I personaggi sono:
Amleto, re di Danimarca.
Geltruda, vedova del re defunto, madre di Amleto.
Claudio, primo principe del sangue.
Amelia, figlia di Claudio.
Norcesto, signore danese.
Polonio, altro signore danese.
Elvira, confidente di Geltruda.
Voltiman, capitano delle guardie.
Guardie.
Congiurati.
Rispetto alla tragedia shakespeariana la pièce di Ducis presenta una modifica della trama parentale che unisce i personaggi, al fine di alleggerire l’aspetto scandaloso della scena. Claudio è un principe del sangue e non il fratello del Re, che viene aborrito da Geltruda dopo il delitto. L’unica uccisione messa in scena rispetta le regole del decoro e della moralità, infatti la morte di Claudio è il giusto castigo delle sue colpe ed è l’evento che elimina la causa del disordine alla base della tragedia stessa. Inoltre questa uccisione avviene nelle ultime battute del testo, per cui seppure è il motivo del distacco tra Amleto e Amelia, permette a Ducis di eliminare la scena della follia della ragazza. Ducis semplifica e alleggerisce la trama, eliminando alcune scene ritenute superflue, come quella delle sentinelle, la pazzia simulata di Amleto, l’incontro di Amleto coi becchini, la morte ed il funerale di Ophelia, ecc. L’ultimo e unico dato testuale in grado di garantire la shakespearianità della tragedia è la presenza dello spettro del Re che appare ad Amleto ma è sottratto alla vista degli spettatori.
Dopo il 1774 la tragedia di Ducis viene pubblicata in traduzione italiana, nel 1791 a Firenze e nel 1796 nuovamente a Venezia, tradotta da Francesco Gritti. Il successo italiano della tragedia di Ducis, nonostante le alterazioni della versione di Gritti è attestato non solo dal susseguirsi delle edizioni, ma anche dal numero degli adattamenti per musica che col tempo ne vengono ricavati. Ad essa si ispireranno fedelmente la sceneggiatura di un ballo (Francesco Clerico, 1788) e tre libretti d’opera (Fabio Dorfeno, 1789; Giuseppe Maria Foppa, 1792 e Felice Romani, 1822).
L’Amleto di Dorfeno è musicato da Luigi Caruso, rappresentato a Firenze nel dicembre 1789. I personaggi sono:
Amleto, re di Danimarca (soprano castrato).
Amalia, amante di Amleto (soprano).
Geltruda, vedova del defunto regnante (soprano).
Claudio, primo principe del sangue (basso).
Norceste, amico fedele e confidente di Amleto (castrato).
Voltemaro, confidente di Claudio e capo dei congiurati (basso).