《威尔第的歌剧与莎士比亚的戏剧》15
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È evidente, quindi, che il libretto di Otello si inserisce in maniera atipica nella storia della drammaturgia verdiana. I patiti della Cabaletta non hanno mai perdonato a Verdi di non aver continuato a scriverne. Del resto l’Otello è di Verdi e Boito, non è vero che vi sia una differenza profonda e sostanziale tra libretto e musica, e tutto ciò è confermato dal carteggio Verdi-Boito, dal quale si deduce che, in questo caso, Verdi non abbia ridotto il librettista ad un mero esecutore di direttive. Quando Verdi compone l’Otello siamo nell’Italia umbertina e non in quella di Carlo Alberto e non si può negare che in quest’opera vi sia un uso imponente di simbologia cattolica che Verdi aveva già utilizzato in Lombardi e Forza del Destino fino alla Messa da Requiem. Otello è un capolavoro dell’arte moderna, pertanto non è soltanto il dramma selvaggio della gelosia; gelosia che non ha nulla a che fare con quella del Conte di Luna. Qui subentra l’esplorazione dell’inconscio che impone mezzi musicali adeguati: multiformi registri vocali e potenziamento dell’orchestra, non solo in termini numerici. La trama dell’Otello non consiste nell’assassinio di Desdemona: il suo dramma è quello che oggi si direbbe una crisi d’identità: Otello viene plagiato, estraniato da se stesso per l’inquinamento che produce nel suo essere la malefica persuasione di Jago. Per questo il suo “Ora e per sempre addio, sante memorie”, assume un’importanza determinante, elementi, questi, presenti anche in Shakespeare, che Boito è riuscito a cogliere e trasmettere a Verdi il quale, a sua volta, è riuscito ad essere diverso da se stesso e ad elaborarlo musicalmente. Verdi, mettendo da parte l’impiego del canto spianato e delle cadenze tonali, si inoltra nell’arte contemporanea e dà all’Otello una sanzione definitiva al pessimismo cosmico. Come Brahms e Mahler, l’ultimo Verdi apre la musica alla crisi della civiltà contemporanea.
La fluidità formale di Otello e di Falstaff riflette l’influsso dei modelli letterari dell’epoca. Essa ha una struttura flessibile, dovuta al teatro parlato, ma la forma di Otello non è quella di un dramma. Il dramma prende forma tramite ampi brani lirici, trattati con forza nuova e fusi al resto, in pratica conserva l’essenza della tradizione classica dell’opera italiana. Otello è il punto di raggiunto equilibrio di Verdi tra il desiderio di un andamento più letterario e le richieste della tradizione. Boito riuscì ad assecondare queste spinte letterarie, proprio nell’Otello grazie a due principi: il primo era una certa tendenza verso il naturalismo, rivelata dal suo desiderio di condensare un trama disordinata in qualcosa capace di far colpo sugli spettatori del dramma tanto ben costruito; il secondo principio, in contraddizione col primo, fu quello di cristallizzare con regolarità le situazioni emotive in sezioni liriche o quadri in cui la musica potesse avere tutto lo spazio che voleva e contribuire al dramma in modo incisivo.
Verdi intensifica a dismisura la tempesta presente nella prima scena del secondo atto di Shakespeare per farne il quadro di apertura dell’opera, saltando anche l’ouverture. Il Coro iniziale è il temporale più eccitante di tutta l’opera italiana. La violenza e il terrore raggiungono immediatamente il livello caratteristico dell’opera e, quando appare Otello, il suo trionfo sugli elementi è magnifico: canta appena due versi e va a letto, ma è l’entrata più indimenticabile di tutta la storia dell’opera e resta impressa nell’immaginazione per tutto l’atto e quando torna per placare la rissa è praticamente atteso. Jago e Roderigo vengono presentati su un livello emotivo più basso, la loro conversazione è sommersa dai preparativi per la celebrazione della vittoria e quindi dal coro “Fuoco di gioia”, poi la scena procede come in Shakespeare, fino al duello provocato dal vino. Il canto di Jago è caratterizzato dalla sua derivazione dal canto bacchico e da un materiale tematico piuttosto insignificante.
La tempesta shakespeariana era di proporzioni più modeste e lasciava spazio a pensieri di viaggi per mare, battaglie, maledizioni paterne e guardava in avanti verso le ansie di Desdemona. Nel libretto, invece, la tempesta è una introduzione all’azione e Desdemona appare solo dopo la rissa: la sua prima apparizione è sottolineata dal Duetto d’amore che in Shakespeare non è presente poiché l’amore tra i due è segreto. L’opera acquista un senso di pace e stabilità grazie al dialogo del Duetto, dopo la rissa causata dal vino: è un momento di ricordi del corteggiamento di Otello, che Boito ha fatto emergere di quando in quando prelevandoli da primo atto shakespeariano. Il Duetto è un trionfo della nuova flessibilità ed espressività dell’arte lirica di Verdi; è musicato in un minaccioso e furioso parlante; nel momento cruciale la musica si solleva dall’orchestra e non dai cantanti che hanno solo frasi spezzate: “un bacio”, “Otello”. La melodia legata al bacio è presente due volte alla fine dell’opera, per cui diviene l’elemento ricorrente della stessa. Solo alla fine del primo atto, al calar del sipario, la musica arriva ad un arresto: è stato un unico fluire musicale, Otello è un’“opera continua”.
La continuità è data dalla tecnica del Parlante che può scivolare facilmente in un’aria o in un coro, grazie all’organizzazione musicale dell’orchestra, ma può altrettanto facilmente scivolare nel recitativo, grazie alle linee vocali declamatorie. L’orchestra dà la coesione necessaria. A seconda dell’utilizzo del Parlante, Verdi poteva ottenere ad esempio la pazienza di Sparafucile in Rigoletto con la regolarità, mentre un parlante irregolare poteva creare effetti naturalistici come nel duello tra Cassio e Montano. Alcuni recitativi sono mantenuti per particolari propriamente privi di emotività, ma essi si armonizzano subito con sezioni di parlante e di arioso, non vanno mai avanti a lungo e, in ogni caso, sono sempre accompagnati da un interessante materiale orchestrale di fondo, affinché non si avverta molta differenza tra recitativi e sezioni musicali. Per mantenere il continuum il librettista doveva alimentare questo stile. L’utilizzo di questo recitativo-parlante poteva, però, creare l’inconveniente di passare quasi involontariamente all’arioso e dare un aspetto di iper-emotività al recitativo stesso.
Il secondo e il terzo sono gli atti di Jago che, come Shakespeare, Verdi presenta indirettamente tramite i colloqui con gli altri personaggi. Verdi mette insieme quattro o cinque soliloqui di Shakespeare in un’unica grande Aria all’inizio dell’atto, il Credo di Jago: in quest’aria c’è il farabutto completo, esplicito e terribile e questo colpisce subito l’ascoltatore. L’azione in Verdi è velocizzata, prima che Desdemona interceda per Cassio c’è una scena che ne riassume ben due di Shakespeare: qui Otello è già pronto alla violenza, per cui per rallentare l’azione, Verdi inserisce la Serenata fatta da marinai, contadini e fanciulli e la sua azione rasserenante è evidente nella frase di Otello “Quel canto mi conquide”. A questo punto il Coro canta e simboleggia la purezza e la bellezza di Desdemona. Poi Desdemona intercede per Cassio; Otello la respinge con violenza e solo a questo punto Desdemona canta una lunga e disperata melodia, che è la base di un Quartetto abbastanza fuori moda. L’atto finisce con il giuramento di vendetta, un Duetto strofico accuratamente chiuso, travolgente, melodrammatico e appropriato. Nonostante la lenta scomparsa delle Cabalette in Verdi, vi è una traccia di queste nel Duetto finale del secondo atto. Questo Duetto, pur non essendo né strofico né lirico serve a far calare la tela e conserva il vecchio e trascinante accompagnamento ritmico che sostiene la convenzionale veemenza del pezzo. Il pezzo ha un’ossatura della vecchia forma strofica ma trasformata per adattarlo alle necessità del dramma. Per questo il secondo atto di Otello può essere definito il più convenzionale dei quattro dal punto di vista operistico, ma i pezzi, il Credo, la Serenata, il Quartetto e il Duetto, sono messi al loro posto con uno sfruttamento assolutamente nuovo della loro convenzionalità. Questi numeri soddisfano certe esigenze incontestabili della tradizione.
Venendo dopo un intervallo in cui il veleno di Jago ha lavorato, il Preludio del terzo atto agisce dando senso di continuità, simile a quello di Shakespeare che apre il quarto atto nel bel mezzo di un furioso dialogo tra Jago e Otello. Quindi Boito traduce, di Shakespeare, solo lo stato d’animo. Otello attaccherà solo nel Duetto successivo, che è un pezzo di grande caratterizzazione. In questo brano Verdi ha inserito un appassionato arioso per Desdemona e, il personaggio di Otello, così com’è accaduto nel secondo atto, passa dalla correttezza alla furia, fino a culminare nell’attacco epilettico. Subito dopo Otello cade in angoscia. Nel momento culminante dell’arioso appare Jago che annuncia l’arrivo di Cassio; qui parte il Terzetto dell’origliamento, che è uno dei pezzi più belli della partitura, con un inizio etereo che si trasforma nel momento in cui Otello riconosce il fazzoletto in mano a Cassio.
Al suono delle fanfare, all’arrivo degli ambasciatori, Otello trama l’omicidio di Desdemona che, dopo essere stata umiliata e gettata a terra, invece di fuggire reagisce con una Canzone che sfocia in un ampio concertato secondo il vecchio stile. Questo pezzo è stato criticato e Verdi lo abbreviò per la messa in scena di Parigi. La grandiosità della partitura evidenzia la gloria di Otello che va scemando, mentre nel Finale, mette in evidenza la forza di Jago in crescendo: qui Jago organizza con Otello i vari omicidi e dà ordini a Roderigo, sempre mentre Desdemona canta la sua straziante melodia. In questo frastuono arriva l’attacco di Otello, mentre fuori la gente urla la sua gloria, e Jago lo colpisce con un calcio gridando “Ecco il Leone”.
Il quarto atto non ci mostra più gli intrighi di Jago, ma solo la catastrofe finale: la prima metà dell’atto è un monologo di Desdemona che si apre con la scena in camera da letto con Emilia. Nella scena terza vi è la Canzone del salice e subito dopo l’Ave Maria, durante la quale Otello pensa che Desdemona si sia addormentata. La seconda metà dell’atto ci mostra Otello, la sua entrata da un porta segreta, l’uccisione, la spiegazione di Emilia e il suicidio.
Nella scena finale sembra che Verdi non riesca ad esprime a pieno ciò che Shakespeare invece dice con la sua grande poesia. Il desiderio verista del compositore, gli fece impostare questa scena su una organizzazione orchestrale senza arie o ariosi, ma con lunghe sezioni musicali dialogate e brani di parlante, con riferimenti tematici, infatti vi si inseriscono parecchi motivi, fino a culminare nel Tema del bacio. Infatti, come in Shakespeare, Otello bacia Desdemona addormentata, sul tema già ascoltato nel Duetto d’amore. Questo tema, in quanto riferimento al passato, ci ricorda il nobile Otello che è ora caduto.
Nella concezione drammatica di fondo, Otello è tanto diverso da Othello di Shakespeare, quanto lo è sul piano della drammaturgia. Verdi trasforma Jago da un essere umano complicato, come in Shakespeare, in un essere mefistofelico, cioè diabolico. Infatti seppure la teologia di Jago è un po’ abborracciata nelle parole del Credo, la musica raggiunge inequivocabilmente, il tono della spacconeria blasfema, caratteristica della messa nera. Il suo canto bacchico ricorda Mefistofele e tante altre piccole frasi ce lo ricordano ancora, infatti Boito, compositore di Mefistofele, desiderava intitolare quest’opera Jago.
Il personaggio di Desdemona, differisce da quello di Shakespeare in quanto, nell’opera verdiana, assume una maggiore importanza man mano che si fa più matura, consapevole e sdegnata. Boito ci tenne a sottolineare l’etimologia di “Des-demona”, che deriva da “bimba nata sotto una cattiva stella” di Shakespeare. Nei suo alterchi con Otello mette in evidenza la sua passione ed il suo risentimento. L’ampliamento del suo ruolo portò, al contempo, forse non proprio deliberatamente, a ridurre quello di Otello: in pratica Verdi sacrificò, in modo particolarmente critico, la tragedia di Otello per il pathos di Desdemona. Otello può rievocare il suo vecchio Io solo sotto l’aspetto dell’amante; il suo eroismo viene lentamente danneggiato perché, dall’inizio alla fine, è incapace di controllare le proprie emozioni e, il passo orchestrale dell’entrata di Otello nell’ultimo atto, rappresenta questa sua irrisolutezza ed instabilità emotiva.
In ogni caso Verdi ha scritto un Otello credibile. Tutta l’azione centrale è stata purificata dell’osceno linguaggio immaginoso di Jago, delle frecciate di Otello nella scena del bordello e persino di un innocente verso della Canzone del Salice. È un Otello dignitoso e dominato da afflato romantico.
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